
In Italia, i referendum abrogativi, come quelli previsti per l’8-9 giugno 2025, sono validi esclusivamente se si raggiunge il cosiddetto “quorum”, ovvero se partecipa al voto almeno il 50% + 1 degli aventi diritto. Questo meccanismo ha portato, in numerose occasioni, all’annullamento della consultazione anche quando la maggioranza dei votanti era chiaramente favorevole al quesito. Al contrario, in molti Paesi europei il quorum è inesistente o significativamente più basso, favorendo così la partecipazione diretta e valorizzando il voto espresso dai cittadini.
Per capire meglio questo fenomeno, osserviamo un rapido schema dei referendum che hanno raggiunto o non raggiunto il quorum in Italia dal 1949 ad oggi:
Referendum con quorum raggiunto:
- 1974 (Divorzio): 87,7%
- 1981 (Aborto): 79,4%
- 1985 (Scala Mobile): 77,9%
- 1987 (Energia nucleare e giustizia): 65,1%
- 1991 (Preferenza unica): 62,5%
- 1993 (Sistema elettorale maggioritario): 77,0%
- 1995 (Privatizzazioni e pubblicità RAI): 57,2%
- 2011 (Acqua pubblica, nucleare, legittimo impedimento): 54,8%
Referendum senza quorum raggiunto:
- 1997 (Carriera magistrati, caccia): 30,9%
- 1999 (Sistema elettorale proporzionale e carriera magistrati): 49,6%
- 2000 (Trattenute sindacali, sistema elettorale regionale): 32,2%
- 2003 (Articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori e servitù coattiva): 25,5%
- 2005 (Fecondazione assistita): 25,9%
- 2009 (Sistema elettorale e premi di maggioranza): 23,3%
- 2016 (Trivelle): 31,2%
- 2022 (Giustizia): 20,9%
La progressione mostra chiaramente una tendenza verso l’astensionismo crescente, che spesso impedisce la validità della consultazione popolare.

L’insensatezza del quorum strutturale nei referendum abrogativi emerge con chiarezza se pensiamo che, per le elezioni politiche o europee, tale quorum non è previsto. Perché per eleggere un governo o rappresentanti europei basta qualsiasi percentuale di votanti, mentre per abrogare una legge serve superare una soglia così elevata?
E quando il “partito dell’astensionismo” supererà stabilmente il 50%, cosa accadrà alla nostra democrazia? Già ora, la politica corre ai ripari, proponendo modifiche per abbassare i quorum politici e amministrativi, come evidenziato in questo articolo di Pagella Politica: Disegno legge quorum elezioni comuni.
I rischi sono quelli che stiamo già vedendo, ovvero abbassare i quorum per le elezioni, e ostacolare gli istituti di democrazia diretta come i referendum incitando il non-voto: una deriva pericolosa che trasforma le democrazie rappresentative in “democrazie elettorali”, dove il cittadino è chiamato a partecipare soltanto nel momento delle elezioni, e poi dimenticato fino all’elezione successiva.
Per rilanciare il valore democratico della partecipazione, la proposta che emerge con forza è semplice e chiara: lanciamo un referendum per abbassare il quorum dei referendum stessi, favorendo una maggiore responsabilità e consapevolezza dei cittadini nel processo decisionale.
Libri consigliati:
Contro le elezioni. Perché non votare è più democratico di David Van Reybrouck
Demopatìa. Sintomi, diagnosi e terapie del malessere democratico di Luigi Di Gregorio
Democrazia dello smartphone. Risorsa o pericolo? di Luca Cerquatelli